Rifiutare di uccidere: un pomeriggio di rifiuto del militare. 
Sabato 6 marzo 2004, Filadelfia, Stati Uniti

Questo'evento è stato parte di una serie di appuntamenti organizzati dal Global Women’s Strike (Sciopero Globale delle Donne) nella settimana precedente la Giornata Internazionale della Donna dell’8 marzo e ha visto un nutrito e variegato gruppo di 50 persone riunite insieme in una stanza al piano superiore del Robin's Bookstore in un pomeriggio piovoso di sabato.


È stato uno di quei momenti in cui tanti temi diversi vengono affrontati assieme per la prima volta e i partecipanti erano così presi da non volersene andare più. Molti di loro sono ritornati in seguito e hanno detto che era stato il migliore evento a cui avessero mai partecipato a Filadelfia.

Eric Gjertsen di Payday, il gruppo che ha sponsorizzato l’evento assieme al Global Women’s Strike, l'ha introdotto sottolineando come lo scopo dell’evento fosse quello di mettere assieme persone provenienti da esperienze molto diverse e da differenti settori della società di diversi paesi che hanno rifiutato le priorità dettate dai militari nei più modi disparati, e come sia una parte importante del nostro lavoro rendere queste forme di rifiuto più visibili di quanto non siano state finora. Phoebe Jones, del Global Women’s Strike, ha poi inquadrato l’evento nel più ampio contesto del lavoro del Global Women’s Strike a livello internazionale, e ha sottolineato come siano le donne a pagare più di tutti il prezzo della guerra e come da sempre ne siano state le più strenue oppositrici


È stato poi il turno di Stephen Funk, un riservista gay di ventun'anni del corpo dei Marines di origine filippina  e nativo-americana, che si è rifiutato di appoggiare la guerra in Iraq ed ha appena finito di scontare una sentenza di sei mesi in un carcere militare. Stephen ha detto che quasi tutti in carcere hanno dimostrato un grande rispetto per la sua scelta e che tutti odiavano Bush.

Il reverendo Dorothy Mackey, direttore esecutivo di STAAMP (Survivors Taking Action Against Military Personnel) (Sopravvissute che agiscono contro il personale militare), ex-capitano ed ex-comandante dell’Aviazione Militare Americana, sopravvissuta a ripetuti stupri
e abusi da parte dei militari, ha parlato della sua esperienza personale e di quella di altre donne della sua rete, e ha denunciato il fatto che tra i militari le violenze sessuali vengono condonate, in una rete di protezione che arriva fino alle più alte gerarchie militari e all’interno stesso del sistema giudiziario, e che questo fa parte dell'addestramento per la guerra. Mackey ha spiegato come la sua rete stia riunendo insieme non solo donne direttamente coinvolte nell’ambiente militare ma anche donne sposate, uomini e civili che lottano contro questo tipo di abusi nei pressi delle basi militari. Molti nel pubblico erano visibilmente commossi. Giacconi e magliette stampate da sopravvissute agli abusi perpetrati in ambiente militare erano esposte alle pareti della stanza.

Brad Rubin del Refuser Solidarity Network ha poi presentato e illustrato il contesto storico della dichiarazione di Asaf Shtull-Trauring - un refusenik israeliano studente delle scuole superiori - che abbiamo mostrato in video.

Linda Dann del Military Families Speak Out ha raccontato di come abbia dovuto acquistare lei stessa il giubbotto antiproiettile del figlio - per una guerra che lei stessa non appoggiava affatto - perché gli Stati Uniti erano troppo avari per fornirne uno a suo figlio. Lori Hamilton - una donna nera sposata ad un riservista di 45 anni in attesa, in Kuwait, di essere impiegato sul campo - ha raccontato di quanto sia duro vivere a tutti gli effetti da madre single, sempre in ansia per la salute di un marito che, tra l'altro, è anche diabetico, e di come, inizialmente, la guerra le sembrava senza scopo mentre adesso è una cosa che la tocca  personalmente.

Jack Hallock - un gay che ha perso un parente nell’attacco al World Trade Centre - ha raccontato di come Stephen sia stato doppiamente coraggioso: per essersi dichiarato, da soldato, contrario alla guerra e per essersi, allo stesso tempo, dichiarato apertamente gay; e di come, sempre Stephen, sia stato per lui fonte d’ispirazione. E ha, poi, sottolineato come lo stupro tra i militari sia solitamente diretto contro i gay o chi è anche solo sospettato di esserlo. Tim Laborie – un uomo che ha perso la nuora nello stesso attacco dell’11/9 – si è esibito alla chitarra in una canzone scritta da lui stesso, intitolata "Chi ha ucciso Katherine Laborie?", in cui la responsabilità ultima viene fatta ricadere sul Pentagono.

Dana Marks – una donna che lavorava un tempo per il governo e il cui marito era allora un militare – ha raccontato di essere stata violentata da ufficiali dell’esercito.

Pat Albright di Every Mother is a Working Mother (Ogni madre è una madre che lavora) ha raccontato delle attività svolte dal suo gruppo contro il reclutamento militare nelle scuole di Filadelfia e altre forme di militarizzazione, e di come i tagli allo stato sociale e ad altri servizi pubblici nei quartieri poveri dei Neri abbia reso molto più facile agli addetti al reclutamento attirare i giovani verso il servizio militare.

Alla fine dell’evento, tutti i presenti si sono detti d’accordo con quanto precedentemente dichiarato da Stephen Funk: e cioè che, sebbene sia importante votare contro Bush, sta sostanzialmente a noi impedire a Kerry o a chi per lui di proseguire in queste politiche di guerra. In altre parole, abbiamo tutti bisogno del movimento!

refusing to kill