Aperta un'inchiesta pubblica in Inghilterra
Il Manifesto, 27 luglio 2004
GIORGIO RIVA *
LONDRA

Alex Izett può, per ora, sentirsi soddisfatto.  Il suo sciopero della fame di 40 giorni ha raggiunto almeno parzialmente il suo scopo.  Veterano scozzese, all'inizio del 1991 gli erano stati iniettati nove vaccini nello spazio di 24 ore, ma non arrivò nel Golfo perché la guerra finì due giorni prima della data programmata per la sua partenza. 

Due anni dopo il suo corpo incomincia a sbriciolarsi: osteoporosi, ulcere, depressione, cambiamenti repentini d'umore, esplosioni di violenza, che disintegrano anche la sua vita familiare in Germania dove ancora oggi vive.  Il tribunale delle pensioni di guerra riconosce che i sintomi derivano dalle vaccinazioni, ma il Ministero della Difesa nega l'esistenza di quella che per Alex è la causa di tutto: la Sindrome della Guerra del Golfo.  Altri 6.000 veterani, ma molti altri neanche ammettono di essere malati, convivono con questi e altri sintomi - artrosi, difficoltà respiratorie, eruzioni cutanee, affaticamento cronico.  Più di 600 ne sono morti.

La pressione dei veterani monta, ma non ci sono sbocchi e l'1 maggio Alex smette di mangiare.  Lo aiutano gli uomini di Payday, che pubblicizzano la sua iniziativa sul loro sito web.  Uno dei primi a contattarlo è Ron Kovic, il veterano del Vietnam autore di Nato il 4 luglio.  Poi gli finiscono i soldi e gli tagliano il telefono, assieme del collegamento internet. 

Dando voce a migliaia di altri veterani, Alex esige un'inchiesta pubblica e indipendente sulla Sindrome della Guerra del Golfo.  È quasi allo stremo quando Lord Morris of Manchester gli comunica che l'inchiesta pubblica si fa - a Londra, dal 12 luglio.  Non è organizzata dal governo; è finanziata da donatori anonimi, la presiede Lord Lloyd of Berwick, uno dei cinque Law Lords, che hanno funzioni simili alla Corte Suprema americana. 

Le limitazioni dell'inchiesta sono chiare: poca pubblicità - molti veterani non ne sanno nulla, c'è poco tempo per preparare le testimonianze, la sede è irraggiungibile per molti, malati e spesso senza soldi.  E poi, dichiara Alex "
gli Iracheni non sono stati chiamati a testimoniare, loro che continueranno a vivere per secoli con le conseguenze della guerra, tra cui l'uranio impoverito."  Payday pubblica su internet una petizione all'Inchiesta perché allarghi il suo terreno di indagine.

Nelle prime udienze, il 12, il 19 e il pomeriggio del 21 luglio, la parola è ai veterani.  Racconti di prolungate agonie, di sofferenze attribuite dai medici all'immaginazione, di ritardi di anni per le pensioni, davanti al muro di silenzio del Ministero della Difesa, che intanto "consiglia" gli ufficiali di non partecipare all'inchiesta.  E gli scienziati del ministero della Sanità, specie quelli che stanno indagando sulla salute dei soldati della guerra di oggi, anche loro è meglio che non parlino. 

Si tratta comunque di una grossa vittoria del movimento contro la guerra, perché a testimoniare vengono invitate anche le mogli dei veterani.  Per la prima volta le donne parlano pubblicamente di quello che vuol dire per loro la Sindrome della Guerra del Golfo - il "macello collettivo" come la definisce un veterano. 

Le donne dicono dello strazio di veder partire un uomo per la guerra, di vederlo trasformarsi a poco a poco al suo ritorno in una persona che non riconoscono più, di violenze, di suicidi, qualche volta perfino dei loro sintomi, gli stessi dei mariti, passati in una misteriosa forma di contagio.

Donne e uomini sono determinati a parlare, perché "non ne abbiamo spesso l'occasione", anche in lacrime insistono a leggere fino in fondo le loro testimonianze, respingendo i cauti tentativi del presidente di accelerare i tempi, avanzando argomentazioni precise, a dimostrare che non esistono maggiori esperti delle malattie di quelli che ne sono vittime.  Tutti scoprono nelle testimonianze degli altri gli stessi sintomi e la stessa volontà di ottenere giustizia.

La mattina del 21 luglio è il momento degli alti ufficiali, tra cui il comandante in capo delle forze britanniche nel Golfo, il Generale Peter De La Billiere.  È una sfida al bavaglio imposto dal Ministero della Difesa, ma è anche il momento in cui comincia a delinearsi una strategia.  L'Inchiesta - suggeriscono gli ufficiali - potrebbe avanzare la proposta di un pagamento una tantum per una "chiusura" del discorso.  Bisogna "affossare il termine 'Sindrome della Guerra del Golfo' senza che lasci tracce, perché è come cercare il Santo Graal" sostiene l'ex Maresciallo di campo Lord Bramall; ulteriori ritardi potrebbero voler dire molte altre morti.  Ma il discorso, sostengono i veterani, questa inchiesta lo ha appena aperto: negli Stati Uniti sono a decine di migliaia a soffrire della Sindrome della Guerra del Golfo; quanto uranio impoverito è stato lasciato nell'ex-Jugoslavia?  Quante persone sono morte e moriranno in Iraq?  Non è il momento di chiudere proprio niente e il riconoscimento dell'esistenza della Sindrome della Guerra del Golfo è solo un punto di partenza. 

L'inchiesta continua da lunedì con testimonianze di medici.  Il rapporto di Lord Lloyd è previsto per la fine di settembre.

Per donazioni per riallacciare il telefono ad Alex Izett e firmare la petizione per ampliare i termini dell'Inchiesta visitate www.refusingtokill.net

Giorgio Riva fa parte di Payday, una rete internazionale e multirazziale di uomini contro la guerra che lavorano con il Global Women's Strike (Sciopero Globale delle Donne)
payday@paydaynet.org

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