Storia del soldato Alex, malato senza aver mai combattuto in Iraq
Carlo M. Miele ,Liberazione, 19 October 2006

Nel 1991, in previsione della sua partenza per Baghdad, al militare britannico vennero somministrati nove vaccini

In Iraq, per la prima guerra del Golfo, Alex Izett non c’è mai stato. Ma i segni di quel conflitto se li porterà addosso per tutta la vita. La sua storia ha inizio nel gennaio del 1991. Saddam Hussein è ancora lo spauracchio del Medio Oriente, famoso per il suo esercito (il quarto del mondo) e le armi chimiche, utilizzate prima contro l’Iran e poi sui kurdi. Izett, invece, ha solo 21 anni ed è un soldato semplice dell’esercito britannico, in procinto di partire per il Kuwait.

In vista dei combattimenti nel deserto, gli vengono praticati nove vaccini in 24 ore. «Allora - racconta - chiesi cosa fossero e mi dissero: “Tutto quello che devi sapere è che serviranno a proteggerti”. Non ho mai pensato che l’esercito ci avrebbe potuto iniettare qualcosa di pericoloso».

L’esito di quel conflitto è noto. La guerra dura poco più di un mese e Izett non fa nemmeno in tempo a raggiungere la sua destinazione oltremare. Per lui il peggio sembra passato. A maggio dello stesso anno lascia l’esercito, si sposa, ha una figlia e si trasferisce in Germania, dove ha trovato un lavoro. In realtà quello è solo l’inizio del calvario. In poco tempo, l’ex soldato inizia a soffrire di una serie di disturbi cronici: affaticamento, ulcera, paralisi e osteoporosi.

I medici non sanno che spiegazione dare, ma i sintomi ricordano quelli di altri militari che hanno combattuto in Iraq all’inizio degli anni Novanta. Non una vera malattia, secondo la scienza ufficiale, ma una serie di disturbi conosciuta come “Sindrome del Golfo”. I veterani dell’esercito statunitense e di quello britannico lamentano problemi simili: disturbi dell’apparato respiratorio e digestivo, accompagnati da fatica cronica, panico, perdita della memoria e turbe psichiche. Come loro, Izett tenta di ottenere un riconoscimento legale delle proprie sofferenze, ma invano.

Al contrario dei suoi commilitoni, lui non ha mai combattuto nella prima guerra contro Saddam Hussein e non può tirare in ballo l’uranio impoverito delle bombe Usa, né le famigerate armi chimiche del rais di Baghdad. Al soldato britannico sono stati solo somministrati i vaccini protettivi prescritti dai medici dell’esercito.

Alla fine Izett si sente abbandonato, cade in depressione e, tra il 2001 e il 2002, tenta per ben due volte il suicidio tramite psicofarmaci. «Ero in preda al panico - ha spiegato più tardi - e pensavo che non sarei mai riuscito a fargli ammettere la verità. Non vedevo altra via d’uscita».

E vie d’uscita non se ne vedono. Ancora nel maggio del 2004 il governo di Londra rifiuta di aprire un’inchiesta indipendente sulla “Sindrome del Golfo”. Il ministero della Difesa (MoD) rifiuta di stabilire un legame tra la somministrazione di vaccini, avvenuta alla vigilia del conflitto, e malattia, e gli concede solo un piccolo compenso, pari al 70 percento di una pensione di guerra. Questa volta, però, Izett sceglie di combattere e inizia uno sciopero della fame di quaranta giorni, che attira su di lui l’attenzione dei media internazionali e porta all’apertura di un’indagine non-governativa. La vera svolta arriva negli ultimi mesi, quando iniziano ad affiorare le prime crepe nel muro di omertà creato dal governo inglese.

Il colonnello Graham Howe, direttore del dipartimento psichiatrico per le forze armate britanniche in Germania, si schiera contro il ministero della Difesa, dichiarando che ai vaccini somministrati nel 1991 (contro antrace, botulino e altri agenti chimici) sono “imputabili” alcune malattie lamentate dai militari.

In particolare, Howe cita il caso di Alex Izett, sostenendo che le iniezioni subite «hanno portato con molta probabilità allo sviluppo di un’osteoporosi auto-immune». Lo scorso anno, una commissione d’inchiesta guidata da Lord Loyd conclude che la “Sindrome del Golfo” esiste e invita il MoD a risarcire i circa 6mila veterani del Regno unito che ne sono affetti.

Il resto è storia degli ultimi giorni, quando il Tribunale di appello per le pensioni di guerra emette una storica sentenza con cui riconosce che Izett, nonostante non abbia mai messo piede in Iraq, è affetto dalla “Sindrome del Golfo” e obbliga il ministero della Difesa a pagare la pensione di guerra completa e le spese sanitarie sostenute negli ultimi quindici anni.

Il pronunciamento della corte inglese avrà effetti pratici sulla vita di Izett e su quella di tanti suoi compagni di sventura. «Il fatto che Alex abbia questa malattia senza essere stato in Iraq - ha dichiarato subito dopo la sentenza Maria Rusling dell’Associazione nazionale delle famiglie e dei veterani del Golfo - prova che le iniezioni di guerra anti-biologiche sono da condannare». Michael Kalmanovits dell’organizzazione anti-militarista londinese Payday afferma che «questa vittoria deve diventare un’occasione per allargare l’indagine sulla Sindrome del Golfo».

Izett, invece, si è limitato a ringraziare la sua famiglia. Adesso ha 36 anni, ma è costretto a camminare con un bastone, ha le ossa a pezzi e sta perdendo tutti i denti. In cambio delle sue sofferenze, passate e future, otterrà una pensione di 6400 sterline all’anno (meno di 10mila euro). Quella appena ottenuta, però, è una vittoria che ha un sapore speciale. «Non è mai stata una questione di soldi - commenta -. Si trattava di costringere il governo ad ammettere che ha rovinato delle vite».

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