Scriviamo a sostegno dell’obiettore di coscienza curdo Halil Savda,
sotto processo al Tribunale Militare di
Ç
orlu in Turchia il 22 dicembre
Payday, 21 dicembre 2006

Care amiche e amici,

 

Scriviamo a sostegno dell’obiettore di coscienza curdo Halil Savda, sotto processo al Tribunale Militare di Çorlu in Turchia il 22 dicembre. 

 

Osman Murat Ǖlke, Mehmet Tarhan, Halil Savda e altri obiettori di coscienza in Turchia hanno pianificato e pubblicizzato la loro opposizione alla leva, e pagato un prezzo molto alto per il loro rifiuto – persecuzione, incarcerazione, povertà e torture psicologiche e fisiche.  Anche quando sono stati rilasciati dal carcere subiscono quella che il Tribunale Europeo per i Diritti Umani ha definito “morte civile”: rischiano continuamente l’arresto, gli è impossibile ottenere carta d’identità, passaporto, documenti di viaggio, tutti i documenti necessari per aprire un conto in banca, trovare un lavoro legale, ecc. Chiaramente il governo e i militari tentano di impedire che vadano avanti con la loro vita quotidiana.  Non possiamo permettere che questo continui.  Il coraggio e la determinazione degli obiettori di coscienza è un contributo straordinario al movimento internazionale contro la guerra e ci rafforza tutti. 

 

Nello stesso tempo il potere degli obiettori di coscienza e di tutti di rifiutare i guerrafondai è rafforzato dal rifiuto di quelli che si arruolano nelle forze armate e poi scoprono di dover rifiutare di uccidere.  Per nominarne solo alcuni che lo hanno fatto fino ad oggi: Stephen Funk, il primo soldato USA a rifiutarsi pubblicamente di andare in Iraq e a invitare altri a fare lo stesso, un “reato” per il quale ha fatto cinque mesi di prigione; Camilo Mejia, incarcerato per sette mesi per essersi rifiutato di ritornare in Iraq dopo averci trascorso otto mesi e aver fatto più di sette anni nell’esercito USA; Ehren Watada, il primo ufficiale USA a rifiutarsi di combattere in Iraq – andrà davanti alla corte marziale in febbraio; Malcolm Kendall-Smith, ufficiale medico della RAF, privato della sua libertà per otto mesi per essersi rifiutato di combattere in Iraq; Ben Griffin, soldato britannico del corpo speciale delle SAS, che si è dimesso dall’esercito dichiarando che non si era arruolato per imporre la politica estera USA.  In Israele, assieme alle centinaia di donne e uomini minorenni che rifiutano la leva nell’esercito – e molti vanno in prigione per questo – altre migliaia rifiutano di combattere nei Territori Occupati o di arruolarsi quando vengono richiamati. 

 

In realtà, i refusenik visibili sono solo la cima di un immenso iceberg anti-militaristico.  Migliaia di soldati USA, britannici e di altri paesi hanno disertato da Iraq e Afghanistan.  500.000 uomini hanno evitato la leva in Turchia e nessuno sa quanti siano Curdi che rifiutano di uccidere, mutilare e torturare la loro gente.  Solo l’11% degli uomini in età di leva fanno il militare in Russia.  A livello globale la gente si nasconde, dichiara o finge malattie, fugge in altri paesi, diventa clandestina, minando alla base in maniera invisibile ma efficace il potere dei militari, privandoli della loro risorsa fondamentale. 

 

Dietro a tutti questi uomini c’è quasi sempre una rete di appoggio composta prima di tutto di donne.  Alcune le conosciamo: Emine e Hattice Tarhan, sorella e madre di Mehmet; Carolyn Ho, madre di Ehren Watada e Rosa Watada, la sua matrigna; Gloria Pacis e Caitlin Funk, madre e sorella di Stephen; Maritza e Norma Castillo, madre e zia di Camilo Mejia – per citarne solo alcune.  Le madri dei desaparecidos in Turchia e altre madri curde da molto tempo fanno una campagna per la fine della guerra, lavorando per unirsi alle madri dei soldati.  Molte altre di queste donne rimangono invisibili, ma noi nel movimento contro la guerra traiamo tutte/i un grande beneficio dal loro appoggio e dal loro attivismo.

 

Care amiche e amici, non possiamo essere fisicamente con voi a questa manifestazione o al processo di Halil Savda, ma stiamo pubblicizzando la campagna per liberarlo in tutti i modi che possiamo.  I militari e il governo in Turchia devono sapere che il mondo li sta osservando.  Invitiamo tutti a difendere Halil Savda e gli altri obiettori di coscienza in Turchia, che in generale sfidano la repressione politica in Turchia rischiando la vita.  In tutto il mondo abbiamo bisogno della loro forza e della loro determinazione per difendere i nostri diritti umani: all’obiezione di coscienza, a rifiutare di uccidere, a vivere in un mondo libero da guerre e dittature, un mondo che – come dicono le nostre compagne dello Sciopero Globale delle Donne – investa nella cura della vita non nella morte. 

 

Rifiutarsi di uccidere non è reato! Halil Savda libero! Ripristinate i diritti umani degli obiettori di coscienza che subiscono la morte civile!

 

Payday

Una rete internazionale di uomini contro la guerra che lavorano con lo Sciopero Globale delle Donne

www.refusingtokill.net