Il refusenik britannico Joe Glenton è innocente

Protestiamo contro i maltrattamenti e all’appello del 21 aprile esigiamo la sua liberazione immediata

Joe Glenton, il primo soldato in Europa a essersi pubblicamente rifiutato di andare in Afghanistan, dopo la corte marziale del 5 marzo sta ora scontando una condanna di nove mesi.  Le autorità della prigione lo perseguitano perché il suo rimane un atteggiamento di sfida.  Protestiamo contro i maltrattamenti di Joe ed esigiamo la sua liberazione immediata.

·        I problemi sono incominciati dopo che Joe ha reclamato per non aver ricevuto dei libri speditigli dai suoi sostenitori.  L’8 aprile gli è stato detto che lo punivano sostenendo che aveva insultato un ufficiale.

·       Joe nega di aver insultato un ufficiale – la domanda del suo avvocato di una rappresentanza legale all’udienza disciplinare è stata rifiutata.

·      Le autorità della prigione stanno tentando di obbligare Joe a dormire con una coperta non lavata e sporca – una punizione che porta spesso i detenuti a prendere i pidocchi - e a indossare gli scarponi anche se ha un alluce rotto.

·       Joe ha rifiutato la punizione della coperta e adesso lo minacciano di metterlo in isolamento.

·    Gli sono state negate le cure per il disturbo da stress post-traumatico (PTSD) nonostante le promesse del giudice che lo ha condannato.  (Vedi il sito web della Stop the War Coalition)

I militari vogliono fare di Joe un capro espiatorio perché ha osato render pubblico il suo rifiuto.  Prima gli hanno comminato una condanna più pesante di quelle di altri soldati che come lui si sono i assentati senza permesso.  Adesso lo puniscono con pratiche crudeli e meschine e gli negano le cure necessarie per le sue condizioni di salute.

Mentre le forze della coalizione guidate dagli USA continuano a uccidere i civili afghani, e le proteste aumentano in Afghanistan e nel mondo, è fondamentale difendere chi, come Joe Glenton, rifiuta di prender parte a questa carneficina.  Molti individui e organizzazioni nel Regno Unito e in tutto il mondo hanno protestato contro la corte marziale di Joe.  Oltre 1.200 persone di 40 paesi hanno firmato la nostra lettera di protesta, e organizzazioni di otto paesi hanno manifestato o si sono mobilitate per sostenerlo.

QUELLO CHE POSSIAMO FARE

  • Nei giorni che portano all’udienza per l’appello del 21 aprile a Londra, invitiamo gruppi e individui a picchettare ambasciate e consolati britannici o a organizzare altre azioni, tra cui allertare i media.  Fateci avere notizie a payday@paydaynet.org in modo che possiamo pubblicizzare le vostre azioni sul nostro sito web e con la stampa.

  • Spedite un messaggio di protesta al Ministero della Difesa ministerial-correspondence@mod.uk.  Scrivete il vostro messaggio o copiate e incollate il nostro modello di lettera (vedi sotto).  Speditelo in copia al Military Corrective Training Centre (Colchester) mctcwelfare@hotmail.com dove Joe è detenuto, e a payday@paydaynet.org.

  • Il 21 aprile dalle 9.30 partecipiamo al picchetto delle Royal Courts of Justice a The Strand, Londra (organizzato dalla Stop the War Coalition) per far conoscere questa protesta internazionale ed esigere la  liberazione immediata di Joe Glenton.

  

 Rifiutarsi di uccidere non è reato.  Processate i criminali di guerra, non Joe Glenton!

MODELLO DI LETTERA

COPIATE, INCOLLATE E SPEDITE A

ministerial-correspondence@mod.uk; mctcwelfare@hotmail.com; payday@paydaynet.org

 

Ministry of Defence
Whitehall,
London
SW1A 2HB
United Kingdom
Fax: 00 44
20 7218 6538

cc: Military Corrective Training Centre (Colchester)

      Payday men’s network

 

Signora/Signore,

LIBERAZIONE IMMEDIATA DI JOE GLENTON

Joe Glenton, 27 anni, si arruolò nell'esercito nel 2004 e venne inviato a Kandahar in Afghanistan nel 2006.  Joe Genton fu scioccato nel vedere che gli Afghani, che gli era stato detto di esser venuto ad aiutare, combattevano contro le truppe britanniche.  Pieno di vergogna, disilluso e traumatizzato dalla sua esperienza militare, si assentò dall'esercito senza permesso nel 2007, costituendosi due anni dopo. 


Joe Glenton venne incarcerato nel novembre 2009 dopo aver parlato a Londra a una manifestazione contro la guerra.  Dopo che gli venne diagnosticato il disturbo da stress post-traumatico (PTSD), venne rilasciato cinque settimane più tardi a condizione che non parlasse più in pubblico contro la guerra.  E questo è il “reato” peggiore commesso da Joe Glenton.


Il 5 marzo 2010 Joe Glenton è stato condannato a nove mesi, una condanna dura in confronto a quelle di altri soldati colpevoli (meno pubblicamente) di essersi assentati senza permesso.

Anche le condizioni in prigione sono dure.  L’esercito ha smesso di pagarlo – il Sig. Glenton ora prende €1 al giorno per le sue piccole spese.  Non può ricevere né soldi, né cibo, né abiti, né sigarette.  Può fare solo dieci minuti di telefonate alla settimana e ricevere visite per due ore la settimana (a parte quelle dell’avvocato). 

In prigione lo sottopongono a ulteriori maltrattamenti: dopo che ha reclamato per non aver ricevuto dei libri speditigli dai suoi sostenitori, le autorità della prigione hanno accusato il Sig. Glenton di aver insultato un ufficiale, un’accusa che lui respinge.  Stanno cercando di costringere il Sig. Glenton a dormire con una coperta sporca – una punizione che spesso fa prendere ai detenuti i pidocchi - e a portare gli scarponi anche se ha un alluce rotto.  Il Sig. Glenton ha rifiutato la punizione della coperta e adesso lo minacciano di metterlo in isolamento.  Un punto cruciale è che non può ricevere nessuna cura per il PTSD.  Queste pratiche sono totalmente inaccettabili e siamo convinti che siano illegali.  Insistiamo perché le interrompiate immediatamente.


Siamo convinti che il Sig. Glenton venga punito perché lui e la sua famiglia non hanno mai smesso di parlare contro la guerra in Afghanistan, una convinzione condivisa dalla maggioranza del pubblico britannico fuori, e sempre più anche dentro le caserme.


Joe Glenton è  stato in prigione già troppo a lungo.  Esigiamo che venga immediatamente liberato e che ritorni dalla sua famiglia e nella sua comunità e riceva le cure necessarie per la sua salute


Distinti saluti,

 

 

 

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