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Alla Delegazione al Comitato Interparlamentare Unione Europea-Turchia
24 novembre 2005

 

Ci riferiamo al Rapporto 2005 sul Progresso della Turchia della Commissione Europea (9 novembre 2005), che deve informare il Parlamento Europeo sui progressi fatti dalla Turchia riguardo al rispetto per i diritti umani, nella prospettiva del suo accesso all’Unione Europea (UE).

 

Non siamo d’accordo con la visione generalmente ottimistica del Rapporto sulla situazione, che non sembra rispecchiare alcune concrete, dure realtà.  In particolare riteniamo inaccettabile, che tra i vari casi citati, il Rapporto abbia scelto di non menzionare il caso di Mehmet Tarhan, detenuto nella prigione militare di Sivas dall’8 aprile 2005.

 

Il caso del Sig. Tarhan illustra almeno tre serie violazioni degli standard raccomandati dall’UE per l’accesso della Turchia all’Unione:

 

1.     Mancato riconoscimento dell’obiezione di coscienza (Rapporto, p. 109). Nell’ottobre 2001 il Sig. Tarhan si è dichiarato obiettore di coscienza “totale” – rifiutando non solo di prestare servizio militare, ma anche qualsiasi servizio alternativo, che la Turchia comunque non prevede.  Il 10 agosto il Sig. Tarhan è stato condannato a quattro anni per “insubordinazione di fronte all’unità [militare]” (Art. 88 del Codice Penale Militare turco);

 

2.     Prevenzione della tortura e dei maltrattamenti (p. 22).  Il Sig. Tarhan è stato aggredito violentemente in prigione in almeno due occasioni:

·       Nell’aprile del 2005, quando altri prigionieri, spinti dalle guardie, lo umiliarono e lo picchiarono brutalmente,   minacciandolo di fronte al suo avvocato.

·       Il 30 settembre 2005, quando setto o otto guardie lo aggredirono per costringerlo a tagliarsi i capelli.  Questo può succedere di nuovo al prossimo taglio dei capelli.


Il Sig. Tarhan è entrato in sciopero della fame in due occasioni distinte (per 28 e 34 giorni) per protestare contro il suo trattamento.

 

3.     Discriminazione sulla base di genere, origine razziale o etnica, religione o convinzioni, disabilità, età od orientamento sessuale (p. 92).  Il Sig. Tarhan è apertamente gay.  Il tribunale militare esercitò pressioni su di lui perché accettasse l’esenzione dal servizio militare sulla base dell’omosessualità, che i militari definiscono come una malattia “marcia”.  Il Sig. Tarhan ha rifiutato quest’”opportunità”, insistendo che è il sistema militaristico a essere marcio.


I militari pretendono delle “prove” che dimostrino l’omosessualità con una visita manuale anale.  Questo è l’equivalente del famigerato “test di verginità”, che la polizia e l’esercito turco usano da decenni come pretesto per perpetrare stupri e altre violenze sessuali contro le donne, in particolare le donne curde.  I medici militari possono inoltre insistere su una prova visiva come una fotografia o un video di un atto di penetrazione sessuale tra due uomini.  Secondo i loro standard pervertiti da stupratori, l’uomo penetrato è quello definito come gay, quello che penetra no. 

 

Il Rapporto nel 2004 raccomandava che “il controllo dei civili sui militari deve essere asserito e l’applicazione della legge e la pratica giudiziaria devono essere allineate allo spirito delle riforme” (citato nel Rapporto del 2005, p. 9).  In un recente messaggio dalla Turchia, l’Iniziativa per la Solidarietà con Mehmet Tarhan ci ha detto che la Corte Militare d’Appello, sfidando apertamente la raccomandazione del Rapporto, ha ignorato il suggerimento del Procuratore Generale turco secondo cui la sentenza di quattro anni era pesante e del tutto sproporzionata.  Invece l’originaria decisione del tribunale militare è stata annullata sulla base che il Sig. Tarhan ha subito soltanto una visita “mentale”, non quella “fisica”, e il suo caso ritorna ora al Tribunale Militare di Sivas.  L’udienza è fissata per il 15 dicembre.

 

Anche se il Sig. Tarhan si sottoponesse ora alla visita anale, non c’è nessuna garanzia che verrebbe esentato.  Dato che rifiuta, la condanna a quattro anni potrebbe essere confermata e, visto che i militari lo considerano un soldato, quando la condanna finisce il Sig. Tarhan potrebbe essere riportato in caserma e il ciclo di rifiuto, denuncia e detenzione potrebbe ricominciare, magari fino a che il Sig. Tarhan non avrà 55 anni e avrà superato l’età dell’obbligo al servizio militare.  Il Sig. Tarhan ha ora 27 anni.  È anche possibile che il Sig. Tarhan sia costretto con la forza a subire la visita anale in un atto di violazione sessuale che equivale allo stupro.  Asseriamo che il Sig. Tarhan vive sotto la continua minaccia di violenza in prigione e di aggressione sessuale da parte dei medici militari in ospedale, e che questa è tortura mentale.

 

In Turchia ci sono tra i 350.000 e i 500.000 renitenti alla leva.  Nessuno sa quanti sono Curdi che rifiutano di prestare servizio in un esercito che attacca la loro gente in operazioni clandestine (come è successo recentemente a Şemdinli).  In altre scorrerie, donne, bambini e uomini vengono regolarmente torturate/i, stuprate/i e uccise/i e gli abitanti dei villaggi vengono minacciati e sfrattati per fare posto a redditizi progetti di dighe.  Quanti di questi refusenik sono anche gay e/o obiettori di coscienza, che non osano dichiararsi tali per paura di essere puniti come viene punito Mehmet Tarhan?

 

Numerosi Parlamentari Europei hanno preso posizione sul suo caso.  Ci riferiamo a:
 

1.     Una lettera aperta firmata da 18 Parlamentari Europei, 25 maggio 2005 (http://www.refusingtokill.net/Turkey/MEPSsupport%20Mehmet.htm);

2.     Una lettera della Parlamentare Europea Caroline Lucas a Olli Rehn, Commissario responsabile per la politica di espansione dell’UE, 7 luglio 2005 http://www.refusingtokill.net/Turkey/CarolineLucasLetter.htm

3.     Un’interrogazione parlamentare scritta del Parlamentare Europeo Vittorio Agnoletto, 12 luglio 2005, presentata anche al Consiglio d’Europa (http://www.refusingtokill.net/Turkey/MEPSsupport%20Mehmet.htm);

 

Numerosi Parlamentari Europei hanno ricevuto copia delle molte lettere di protesta alle autorità turche da parte di persone di almeno 10 paesi in tutto il mondo.  Parecchi articoli sul caso del Sig. Tarhan sono apparsi sulla stampa internazionale, tra cui un recente importante servizio del quotidiano italiano Liberazione (http://www.refusingtokill.net/Italian%20RTK/Liberazione2novembre2005.htm).  Amnesty International ha adottato il Sig. Tarhan come prigioniero di coscienza.  Molte organizzazioni anti-militariste, anarchiche, di donne, di lesbiche e di gay e altre organizzazioni per i diritti umani hanno pubblicizzato il suo caso e hanno pubblicamente manifestato in suo appoggio.  Una Giornata Internazionale di Lotta è in programma per il 9 dicembre.

 

Vogliamo conoscere la posizione del Parlamento Europeo su questa questione.  La Turchia non deve ottenere accesso all’UE fino a che infligge persecuzioni di questo tipo.  

 

Invitiamo il Parlamento Europeo a intervenire ufficialmente con le autorità turche esigendo:

 

1.         La fine della tortura mentale e fisica di Mehmet Tarhan, il suo immediato rilascio dalla prigione e il suo congedo immediato dall’esercito;  

 

2.         Il riconoscimento dei diritti degli obiettori di coscienza;

 

3.         L’abolizione della clausola delle medicina militare che definisce l’omosessualità come una malattia1;

 

4.         La cessazione immediata della pratica di imporre la visita anale e di esigere “prove” visive da chi fa domanda di esenzione dal servizio militare sulla base dell’omosessualità;

 

 

Giorgio Riva, Payday

Anne Neale, Wages Due Lesbians (Lesbiche per il Salario Dovuto)

24 novembre 2005

 

1 I militari turchi usano ancora il DSM II (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) che risale al 1968, mentre la comunità medica usa attualmente il DSM IV-2000. Secondo il DSM II l’omosessualità è un disturbo psico-sessuale e quelli che sono affetti da questa “patologia” vengono considerati “inabili al servizio” nelle Forze Armate turche (Fonte: Iniziativa per la Solidarietà con Mehmet Tarhan, Turchia, ottobre 2005).

 


Wages Due Lesbians (Lesbiche per il Salario Dovuto) è una rete internazionale multirazziale che conduce una campagna per i diritti economici, legali e umani delle donne lesbiche/bisessuali.

 

Payday è una rete internazionale multirazziale di uomini gay ed eterosessuali, che lavora con il Global Women’s Strike (Sciopero Globale delle Donne)