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Il caso di Mehmet è un segnale per il movimento internazionale contro la guerra e per il diritto all’obiezione di coscienza. Come molta gente di base, Mehmet non ne vuole sapere dell"eguaglianza" propugnata da alcune/i nel movimento delle lesbiche e dei gay: il diritto a fare il militare, cioè il diritto a uccidere e a fare la guerra. |
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L'altro nostro fratello sta facendo il servizio militare obbligatorio nello stesso esercito che ha messo Mehmet in prigione e lo ha torturato, e non sa che cosa fare.Mia madre ha mal di cuore, il diabete, il colesterolo alto e la pressione alta. Fino alla prima udienza le abbiamo nascosto che Mehmet era in carcere. La prima volta che lo vide furono due mesi dopo durante il secondo processo. Mehmet si reggeva a stento in piedi per le torture e non riusciva a muovere la testa. Mia madre non poté né andare a trovarlo né abbracciarlo. Mia madre non può viaggiare per i suoi problemi di salute, per cui non può andare a trovarlo.Se non è in isolamento e le visite non sono proibite, io vado a Sivas tutte le settimane. Parto da Istanbul il martedì e il viaggio dura 14 ore. Il giorno dopo vado a trovarlo per sette ore dietro lo sbarramento di filo spinato, poi ritorno la sera stessa da Sivas.Io, mia madre e Mehmet abitavamo tutti insieme a Istanbul. Io avevo un'attività. Anche Mehmet lavorava. Ma sono stata sempre meno capace di dedicarmi al lavoro. In più nei primi tre mesi non riuscivo a partire da Sivas per tutto quello che succedeva. Con la sua vita minacciata da altri detenuti, la repressione fisica e psicologica da parte delle autorità della prigione, e lo sciopero della fame che Mehmet incominciò per reagire a tutto questo, il corso della nostra vita cambiò. Dovetti chiudere la mia attività perché non riuscivo più a funzionare, io e mia madre fummo sfrattate dalla nostra casa e dovemmo ritornare a Iskenderun. Ogni volta che lo vedo sono commossa, amareggiata e furiosa perché lui è ancora là. |
A cosa serve la leva Un comunicato stampa del sindaco di Yuksekova del 18 novembre rivela che l'esercito turco ha sparato sui manifestanti in questa città turca, uccidendo Islam Bartin, Sefer Bor, Giyasettin Avci, Ersin Menges, Abdulhaluk Geylani e ferendo altre 28 persone. Circa 30.000 persone hanno manifestato contro il "terrorismo del governo", in particolare le bombe lanciate su una libreria da dei militari in borghese nella città di Şemdinli il 9 novembre.
”Mehmet Tarhan
non farà il soldato”
In Turchia l'esercito è dappertutto: nelle città, nelle campagne, a innumerevoli posti di blocco. Ma ci sono da 350.000 a 500.000 renitenti alla leva. Nessuno sa quanti sono Curdi che rifiutano di prestare servizio in un esercito che attacca la loro gente, torturando, stuprando e uccidendo donne, bambini e uomini, minacciando e cacciando gli abitanti dei villaggi per fare posto a dei progetti di dighe molto redditizi. Mehmet si rifiuta di fare tutto questo.
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